Nei primi anni di attività, la Banda della Uno Bianca si dedicò principalmente a rapine ai caselli autostradali, supermercati e banche, operando con una violenza sproporzionata rispetto ai bottini ottenuti. Questo modus operandi si sviluppò tra il 1987 e il 1990, prima che la banda iniziasse a compiere omicidi mirati e attacchi contro le forze dell’ordine.
Il primo colpo documentato avvenne il 19 giugno 1987 al casello di Pesaro, dove i membri della banda, armati e mascherati, sottrassero 1.300.000 lire. Nei mesi successivi, misero a segno dodici rapine ai caselli autostradali lungo l’A14, utilizzando una Fiat Regata grigia con targa falsa. Il modus operandi prevedeva incursioni rapide, minacce ai casellanti e l’uso di armi da fuoco per intimidire le vittime.
Dal 1988, la banda iniziò a prendere di mira supermercati, in particolare quelli della Coop, nelle province dell’Emilia-Romagna e delle Marche. Le rapine avvenivano nelle ore di chiusura o durante il trasporto degli incassi, con assalti violenti e l’uso di armi automatiche. In alcuni casi, i membri della banda sparavano contro le vetrine per seminare il panico prima di entrare.
Le banche divennero un obiettivo strategico a partire dal 1989, con assalti sempre più organizzati e l’uso di armi da guerra. La banda colpì 22 istituti bancari, spesso con incursioni fulminee e una violenza estrema. In alcuni casi, i rapinatori aprivano il fuoco senza motivo apparente, causando vittime tra dipendenti e clienti.
Nonostante i numerosi colpi, gli incassi della banda furono relativamente modesti rispetto alla brutalità impiegata. Secondo alcune teorie investigative, il vero obiettivo non era il denaro, ma la creazione di terrore. La banda operava con una precisione militare, sfruttando la conoscenza dei protocolli di sicurezza delle forze dell’ordine, il che alimentò sospetti su possibili complicità interne.