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L'attacco di Israele all'Iran ha provocato un'impennata dei prezzi del petrolio

14:57-13/06/25  L'attacco di Israele all'Iran ha provocato un'impennata dei prezzi del petrolio, con il Brent in aumento del 4,6% e il WTI del 4,8%. Questo rialzo è dovuto alle crescenti tensioni geopolitiche e al timore di un'interruzione delle forniture di greggio, in particolare attraverso lo Stretto di Hormuz, da cui transita circa il 25% del commercio mondiale di petrolio.

Le dinamiche del mercato petrolifero

L'attacco israeliano ha colpito impianti nucleari e militari iraniani, aggravando le tensioni in Medio Oriente. Gli analisti temono che l'Iran possa rispondere bloccando le esportazioni di petrolio e gas naturale, con conseguenze dirette sui mercati globali. Il Brent ha raggiunto un massimo di 78,50 dollari al barile, mentre il WTI ha toccato 77,62 dollari, livelli che non si vedevano da gennaio.

Impatti economici e finanziari

  1. Aumento dei costi energetici: Il rincaro del petrolio potrebbe tradursi in un aumento dei prezzi di benzina e diesel, con impatti diretti su trasporti e produzione industriale.
  2. Inflazione globale: Un incremento dei costi energetici potrebbe alimentare l'inflazione, influenzando il potere d'acquisto dei consumatori e le politiche economiche.
  3. Instabilità nei mercati finanziari: Le borse europee hanno aperto in calo, con Milano e Francoforte a -1,3%, mentre il prezzo dell'oro è salito, confermando il suo ruolo di bene rifugio.
  4. Possibili interventi dell'OPEC+: L'Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio potrebbe modulare la produzione per stabilizzare i prezzi, evitando eccessive fluttuazioni.

Scenari futuri

Gli esperti prevedono che, nello scenario peggiore, la chiusura dello Stretto di Hormuz potrebbe far salire i prezzi del petrolio fino a 120-130 dollari al barile. Tuttavia, l'OPEC+ potrebbe intervenire per calmierare gli eccessi, modulando la produzione.

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