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Arrestati Banda della Uno Bianca; che avvenne nel novembre 1994

L'arresto dei membri della Banda della Uno Bianca avvenne nel novembre 1994, a seguito di un'indagine meticolosa condotta dalla Polizia di Stato. La cattura fu possibile grazie a un intenso lavoro investigativo e alle dichiarazioni di Eva Mikula, compagna di Fabio Savi, che fornì dettagli cruciali sulla banda.


Dinamica degli arresti

  • 21 novembre 1994: Roberto Savi, assistente capo di polizia, fu arrestato mentre era in servizio alla Questura di Bologna. Il suo ruolo nella banda fu determinante, poiché forniva informazioni sugli interventi delle forze dell’ordine.
  • 24 novembre 1994: Fabio Savi fu catturato in un'area di servizio sull'autostrada Udine-Tarvisio, a 27 km dal confine con l'Austria. Al momento dell’arresto, era in compagnia di Eva Mikula, che successivamente collaborò con le autorità.
  • 25 novembre 1994: Pietro Gugliotta, agente della centrale operativa della Questura di Bologna, fu arrestato con l'accusa di aver coordinato parte delle operazioni della banda.
  • 26 novembre 1994: Alberto Savi, agente scelto presso il Commissariato di Rimini, fu catturato e identificato come uno degli esecutori materiali di diversi crimini.
  • 28-29 novembre 1994: furono arrestati Marino Occhipinti, vice sovrintendente della sezione narcotici della Squadra Mobile, e Luca Vallicelli, agente scelto alla scuola della Polstrada di Cesena, quest'ultimo considerato un membro marginale della banda.

Ruolo di Eva Mikula e svolta nelle indagini

Eva Mikula, giovane ungherese legata sentimentalmente a Fabio Savi, fu determinante per la cattura della banda. Dopo anni di silenzio, decise di contattare un giornalista ungherese, Laszlo Posztobanyi, a cui fornì informazioni sui movimenti e le attività criminali dei fratelli Savi. Inizialmente le sue rivelazioni furono accolte con scetticismo, ma alla fine contribuirono in modo decisivo agli arresti.

Conseguenze e impatto

L'arresto dei membri della banda pose fine a sette anni di terrore in Emilia-Romagna e nelle Marche, lasciando un bilancio di 24 morti e oltre 100 feriti. Ancora oggi, il caso solleva interrogativi su eventuali complici esterni, possibili depistaggi e documenti scomparsi. Alcuni familiari delle vittime continuano a chiedere la riapertura delle indagini, mentre altre figure chiave della vicenda hanno ottenuto misure alternative alla detenzione.

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