L'arresto di Fabio Savi, avvenuto il 24 novembre 1994, fu un momento cruciale nella cattura della Banda della Uno Bianca. Fabio, fratello di Roberto e Alberto Savi, era considerato uno degli esecutori materiali dei crimini più efferati della banda.
Fabio Savi fu fermato in un'area di servizio sull'autostrada Udine-Tarvisio, a 27 km dal confine con l'Austria. Al momento della cattura, era in compagnia della sua giovane fidanzata Eva Mikula, che successivamente collaborò con le autorità. L'operazione fu condotta con grande discrezione per evitare fughe o reazioni violente. Nei giorni successivi, furono arrestati anche gli altri membri della banda.
Fabio Savi era noto per la sua spietatezza e per il coinvolgimento diretto in numerosi omicidi e rapine. La banda operava con una violenza sproporzionata rispetto ai bottini ottenuti, seminando il terrore tra Emilia-Romagna e Marche. Fabio partecipò a agguati contro le forze dell’ordine, assalti a campi nomadi e rapine a supermercati e banche.
Dopo l'arresto, Fabio Savi fu processato insieme agli altri membri della banda. Il procedimento si svolse nelle Corti d'Assise di Pesaro, Bologna e Rimini, con una sentenza definitiva di ergastolo per lui e i suoi fratelli. Durante il processo, Fabio dichiarò che il movente principale delle attività criminali della banda era il denaro, ma alcuni investigatori ipotizzarono anche possibili complicità interne.
L'arresto di Fabio Savi contribuì a smantellare definitivamente la banda, ma lasciò profonde ferite nella società. Ancora oggi, il caso solleva interrogativi su eventuali depistaggi, documenti scomparsi e possibili mandanti. Alcuni familiari delle vittime continuano a chiedere la riapertura delle indagini, mentre altre figure chiave della vicenda hanno ottenuto misure alternative alla detenzione.