18:39-16/07/25 ROMA, C’è un sentimento che attraversa l’Italia da nord a sud, da generazioni diverse e da storie personali distanti: la delusione verso la politica.
Un sentimento che non nasce oggi, ma che affonda le radici negli anni ’80, si è rafforzato negli anni ’90, ha cambiato forma nei 2000 e oggi si manifesta con una rabbia lucida e una memoria lunga. È la voce di chi ha votato, sperato, creduto e poi si è sentito tradito.
Ogni governo ha portato con sé slogan, promesse, volti nuovi, ma anche stipendi pubblici aumentati, carriere politiche decollate, e una distanza crescente tra chi governa e chi vive la quotidianità. I cittadini hanno dato fiducia, hanno offerto il proprio voto, hanno creduto in programmi che promettevano equità, lavoro, giustizia sociale. Ma troppo spesso, una volta raggiunti i “piani alti”, i leader sembrano dimenticare il popolo, concentrandosi su tornaconti personali e giochi di potere.
Uno dei temi più discussi è la spesa pubblica in armamenti, come i 12 miliardi di euro destinati all’Ucraina sotto il governo Meloni. Una cifra che molti cittadini faticano a comprendere, soprattutto in un contesto in cui il tasso di povertà è aumentato, i salari stagnano e le famiglie fanno i conti con l’inflazione e la precarietà. La sensazione è che le priorità siano rovesciate, che si investa più in guerra che in welfare, più in geopolitica che in dignità sociale.
La critica non risparmia nessuno: da premier passati che hanno goduto del consenso popolare per poi deluderlo, a leader attuali che, secondo alcuni, si presentano con uno sguardo umile e poi si trasformano in gestori distaccati del potere. Il riferimento alla premier Giorgia Meloni, descritta con “occhioni da cane bastonato” prima dell’elezione, è emblematico di una percezione pubblica che cambia radicalmente tra campagna elettorale e governo.
Nel mirino ora c’è Giuseppe Conte, ex premier e leader del Movimento 5 Stelle, che secondo alcuni potrebbe ripetere lo stesso schema: raccogliere consensi, promettere cambiamento, e poi deludere. Il timore è che anche lui, come altri prima, possa “metterla nel…” per usare un’espressione colorita — a chi lo ha sostenuto. Ma è anche vero che la politica è fatta di possibilità, e che ogni leader ha l’occasione di rompere il ciclo, di dimostrare coerenza, di rimanere fedele al mandato ricevuto.
📍 Questo articolo non è un attacco, ma un invito alla riflessione. È la voce di chi non vuole più essere spettatore, ma protagonista. Di chi chiede trasparenza, coerenza, rispetto. Di chi non si accontenta più di parole, ma pretende fatti. Perché la democrazia vive solo se chi governa ricorda chi lo ha eletto. Riflettiamo prima di votare