La versione della famiglia Noschese: un grido di dolore e richiesta di verità
17:00-22/07/25 Secondo la famiglia di Michele Noschese, la morte del dj napoletano a Ibiza non è stata causata da un arresto cardiaco spontaneo, come sostiene la Guardia Civil, ma da un pestaggio violento avvenuto durante un intervento della polizia nella sua abitazione a Santa Eulalia, nella notte tra il 18 e il 19 luglio 2025.
👨👦 Le parole del padre, Giuseppe Noschese
- Giuseppe Noschese, medico e già primario al Trauma Center del Cardarelli di Napoli, ha dichiarato:
“Mio figlio è stato legato mani e piedi, picchiato in faccia e all’occipite. Me lo hanno massacrato. Lo riporto a casa cremato, mia moglie non reggerebbe vederlo conciato così”.
- Ha presentato un esposto per omicidio volontario alla magistratura spagnola e alla Procura di Napoli, chiedendo:
- Identificazione degli agenti coinvolti
- Sequestro dei video di sorveglianza
- Autopsia indipendente con consulente medico legale di parte
- Il padre ha anche contestato la versione secondo cui Michele avrebbe minacciato un vicino con un coltello:
“Con quel vicino aveva ottimi rapporti. Mi ha abbracciato in lacrime e ha detto che gli mancherà Michele. Non ha sporto denuncia, come avrebbe fatto chiunque fosse stato minacciato”.
🧪 Dubbi sull’autopsia e omissione di soccorso
- La famiglia sostiene che l’autopsia sia stata eseguita frettolosamente, senza trasparenza né confronto con medici italiani.
- Il corpo di Michele sarebbe stato trasportato direttamente all’obitorio, senza passare per l’ospedale, e nessun medico spagnolo avrebbe fornito spiegazioni chiare.
- Alcuni testimoni parlano di tre pugni ricevuti, due al volto e uno alla schiena, e di un trascinamento fuori casa a spalla da parte degli agenti.
💬 La posizione della famiglia
- Giuseppe Noschese ha ribadito:
“Non cerchiamo vendetta, ma giustizia. Michele era sano, sportivo, laureato, senza precedenti. Vogliamo solo sapere come è morto davvero”.
- La famiglia è assistita dall’avvocata Paola Filippelli e ha ricevuto il sostegno del Consolato italiano a Barcellona, della Farnesina e di esponenti politici come Antonio Bassolino e Fulvio Martusciello, che hanno chiesto chiarezza e giustizia.